sabato 8 agosto 2009

La croce dalle sette pietre

TITOLO: La croce dalle sette pietre
ANNO: 1987
GENERE: Horror
REGIA: Eddy Endolf aka Marco Antonio Andolfi
CAST: Marco Antonio Andolfi, Annie Belle, Gordon Mitchell



RECENSIONE:
Aborym, vieni a me!
Se per Paganini horror mi ero posto il dubbio che quella pellicola potesse veramente essere classificata sotto il suddetto genere, qui la domanda non me la pongo nemmeno: l'unica paura che sicuramente vi assalirà durante la proiezione è che il film duri più di quanto possiate resistere.
La croce dalle sette pietre non è un film, è un insulto vero e proprio al cinema in tutte le sue sfaccettature, ma allo stesso tempo un capolavoro, forse IL capolavoro trash di serie Z che stenta a trovare rivali alla sua altezza.
Lo rivela la geniale scelta dello pseudonimo utilizzato dal regista, Eddy Endolf, per nascondere che era lui stesso ad interpretare anche la parte dell'attore protagonista con il suo vero nome, Marco Antonio Andolfi (se non avevate capito dai due nomi che sono la stessa persona, siete pronti per la legione straniera), ma soprattutto lo rivela l'eloquente sottotitolo "Il lupo mannaro contro la camorra": mi esento da ulteriori commenti.
Lo pseudo-film si apre in una cantina pervasa da luci rosse dove si sta svolgendo una ridicola orgia sadomaso composta da sei personaggi che vi raccomando, con a capo padre Gordon Mitchell che con un cero in mano invoca in una maniera molto (poco) credibile e con una mimica facciale degna dell'omino di marzapane di Shrek, un personaggio dal nome Aborym, che poi scopriremo essere nientepopodimenoche il demonio!
Dopo questo esilarante prologo scopriamo il protagonista nonché figlio del suddetto demonio Aborym: Marco Sartori, un giovane bancario romano perseguitato da una fastidiosa maledizione che lo costinge a trasformarsi ad ogni scocco di mezzanotte in un mostruoso lupo mannaro (cioè, un in mostruoso uomo completamente nudo con testa, mani, piedi ed attributi sottratti ad un pokèmon peloso). Solo portare al collo una croce composta di sette gemme colorate (somiglia ad una delle sorprese degli ovetti Kinder), appartenuta un tempo ad un vescovo divenuto santo, forse Padre Maronno, e donatagli dalla madre prima di essere uccisa dal marito-diavolo-Aborym perché stanca di adorarlo, gli impedisce di trasformarsi in questo ridicolo essere.
All'inizio della storia Marco si reca a Napoli dalla cugina Carmela giusto in tempo per essere furbescamente raggirato dai mascalzoni locali in uno scippo in cui gli viene sottratta la croce: il protagonista per recuperarla entra nel giro della camorra e tra una trasformazione e l'altra trova anche il tempo di innamorarsi di una ragazza che in un locale poco prima gli aveva offerto della marijuana (a chi non è mai accaduto?).
Seguono le avventure di Marco contro i boss camorristi, gli omicidi dell'uomo-lupo e accenni agli intrecci della malavita con la politica, alternate a casaccio dai riti demoniaci dell'orgia iniziale e da un'inutilissima sequenza di immagini rossastre sognate da Marco che si ripete senza un senso preciso per circa quattro minuti, tutto questo per allungare un po' la pellicola (ma perché allungarla?), il cui misero budget è frutto di un finanziamento statale.
Le scene in cui Marco subisce la trasformazione sono epiche (la seconda dura due noiosissimi minuti!), così come quelle di sesso assatanato e quelle splatter che eppur io non amo, in cui la prima vittima del pokèmon peloso si scioglie come un pupazzo di neve ad Agosto e in cui Aborym punisce la sua consorte facendole esplodere lo stomaco.
Ci sarebbero ancora tanti, troppi elementi trash da nominare, come la bravura degli attori e dei doppiatori ("Commissà, io non sacc' niente, v'ò giuro! San Gennà, aiutace tu!") o la totale inesistenza degli effetti speciali, ma domattina parto per le vacanze e stasera non sono veramente più in grado di occuparmi di cose brutte.

Amanti dell'orrido, arrivederci a Settembre dal vostro Bleek...e occhio, che Aborym ritornerà!

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